La voce di un medico sotto le bombe: numeri, vite e l’appello alla Cgil per non spegnere i riflettori sul genocidio in corso
Aed Yaghi è nato nel 1967 a Gaza da una famiglia di rifugiati. Nel 1948 suo padre aveva abbandonato Gaza durante la Nakba, l’esodo forzato della popolazione araba palestinese, a seguito della guerra scoppiata con la proclamazione dello Stato di Israele.
Suo padre sostiene che la guerra scoppiata in Palestina da ottobre 2023 sia peggio della Nakba. Da 590 giorni la Palestina viene distrutta dai bombardamento israeliani e la popolazione è senza cibo né medicine.
Aed Yaghi è a capo del Consiglio di Amministrazione della Società Nazionale per la Riabilitazione a Gaza e direttore a Gaza del Palestinian Medical Relief Sociaty. Oggi è stato ospite della Cgil milanese.
“La nostra libertà non è un regalo di Israele o della comunità internazionale, è un diritto – ha detto Yaghi -. Non è un percorso contro Israele ma per i nostri diritti”.
I morti accertati in Palestina sono 60mila, di cui 18mila bambini. Aed Yaghi snocciola numeri da brividi con precisione da medico: 110mila i feriti, di cui centinaia in lunga riabilitazione. 470mila persone soffrono di malnutrizione a causa del blocco anche di viveri imposto da Israele. Altissimo il numero di vittime di danni permanenti, con gli ospedali al collasso e i pochi medici costretti ad amputazioni senza anestesie. 32 gli ospedali distrutti, 114 i distretti sanitari fuori uso. Oltre ai farmaci mancano l’elettricità e il gasolio: per questo le terapie intensive non funzionano, così come le incubatrici. Anche i parti cesarei si fanno ormai senza anestesia. I bambini muoiono per mancanza di insulina. Le donne non hanno assorbenti e per questo vengono colpite da infezioni.
1100 medici morti. 360 arrestati. Prima del 7 ottobre 2023, gli orfani a Gaza erano 3mila, ora sono 27mila.
Aed Yaghi chiede che la comunità della Cgil continui a mobilitarsi per non spegnere i riflettori sul genocidio in corso a Gaza.
Per il medico palestinese è fondamentale l’attivazione di corridoi umanitari e che sia permesso ai team sanitari di entrare nella Striscia.
Ripete più volte: il diritto di esistere, il diritto di essere liberi, di avere uno Stato.
Fin dalle prime ore dello scoppio della guerra, la Cgil di Milano ha detto pubblicamente che bisognava impedire un genocidio.
Aed Yaghi ci ricorda che dietro ogni numero c’è una vita, una storia, una sofferenza inascoltata. Davanti a questa tragedia umanitaria, il silenzio è complice. Per questo la Cgil di Milano continuerà a farsi voce, a mobilitarsi e a costruire alleanze internazionali, affinché il diritto alla vita, alla salute e alla libertà del popolo palestinese non resti solo un appello ma diventi realtà.