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Sicurezza e salute mentale: rafforzare insieme servizi e tutela per la comunità

Dopo le dichiarazioni del Ministro dell’Interno successive all’aggressione di Piazza Gae Aulenti, numerose istituzioni, associazioni e realtà del terzo settore milanese hanno sottoscritto un appello congiunto per riportare il dibattito sulla salute mentale su un terreno di responsabilità. L’obiettivo è ribadire che la tutela della salute pubblica non può trasformarsi in un ritorno a logiche di segregazione e controllo, ma deve passare attraverso un rafforzamento dei servizi territoriali e delle politiche di inclusione sociale.

Non confondere cura e sicurezza

Negli ultimi mesi, l’attenzione mediatica su singoli episodi di cronaca ha rischiato di alimentare un pericoloso equivoco: quello che vede nelle persone con disturbi psichici una minaccia per la collettività.
Gli esperti e le organizzazioni che si occupano di salute mentale sottolineano invece che i casi di violenza imputabili a persone con diagnosi psichiatriche rappresentano una percentuale minima e statisticamente irrilevante. La grande maggioranza delle persone con disagio mentale non è pericolosa: spesso, anzi, è più esposta al rischio di subire violenza, discriminazione e abbandono.

Per questo motivo, confondere il tema della cura con quello del controllo significa fare un passo indietro di decenni. La riforma Basaglia, con la chiusura dei manicomi, ha segnato una svolta di civiltà: riconoscere che la malattia mentale non cancella i diritti di cittadinanza. Tornare a parlare di “pericolosità sociale” in modo generico o improprio rischia di riaprire ferite che la società italiana ha faticosamente superato.

Una sanità sbilanciata: troppo poco per la mente

Il sistema sanitario italiano destina alla salute mentale poco più del 3% della spesa complessiva. Una quota ben al di sotto della media europea, che si attesta intorno al 6%, e lontana dall’obiettivo indicato dalle istituzioni internazionali, che suggeriscono di investire almeno il 10% per garantire servizi adeguati di cura, prevenzione e riabilitazione.

In Lombardia, una delle regioni con il più alto numero di cittadini seguiti dai servizi di salute mentale, la situazione è particolarmente critica: i Centri Psicosociali (CPS) soffrono da anni una carenza di personale e di risorse, mentre l’offerta di strutture residenziali terapeutiche e riabilitative copre solo una minima parte dei bisogni reali, intorno al 3%.

La conseguenza è una rete territoriale sotto pressione, che fatica a rispondere ai bisogni di presa in carico continuativa e ai percorsi di reinserimento sociale e lavorativo. Senza un investimento mirato nei servizi di prossimità, ogni discussione sulla sicurezza resta monca: non si può chiedere alle persone di “stare bene” senza garantire loro la possibilità concreta di essere curate, sostenute e accompagnate.

Servizi di comunità e percorsi personalizzati

I firmatari della lettera chiedono un rilancio complessivo delle politiche di salute mentale, che passi attraverso l’assunzione di nuovo personale nei servizi pubblici, la valorizzazione delle competenze degli operatori e il potenziamento degli interventi territoriali.
Un ruolo centrale lo gioca il cosiddetto budget di salute, uno strumento che integra risorse sanitarie e sociali per costruire progetti di vita personalizzati, capaci di restituire autonomia e inclusione.

Accanto a questo, viene richiesto un impegno forte delle istituzioni nel promuovere campagne di sensibilizzazione che contrastino lo stigma e favoriscano una cultura della salute mentale basata su conoscenza, empatia e rispetto. La comunicazione pubblica, sostengono i promotori, deve essere responsabile: non può alimentare paure, ma contribuire a costruire comunità accoglienti e consapevoli.

La comunità come luogo di cura

La salute mentale non riguarda solo i servizi sanitari: è una responsabilità collettiva che coinvolge i cittadini, le famiglie, la scuola, i luoghi di lavoro, i quartieri.
Costruire comunità solidali e inclusive significa prevenire il disagio, ridurre le solitudini e rafforzare i legami sociali. È questa la vera garanzia di sicurezza: non la chiusura o l’isolamento, ma la partecipazione, la cura reciproca e il diritto a essere parte della società, anche quando si attraversa la sofferenza.

I firmatari della lettera

L’appello è sottoscritto da:
Ordine degli Psicologi della Lombardia, Assessore al Welfare e alla Salute del Comune di Milano Lamberto Bertolé, Coordinamento Milanese Salute Mentale, CGIL – Camera del Lavoro Metropolitana di Milano, Osservatorio Carcere e Territorio di Milano, Campagna Salute Mentale, URASAM Lombardia, Reti Utenti Lombardia, ACI Welfare Lombardia, Forum Milanese del Terzo Settore, Forum Lombardo del Terzo Settore.

Tutte queste realtà chiedono alle istituzioni nazionali e regionali di aprire un confronto pubblico per ridefinire le priorità della salute mentale in Italia e in Lombardia, mettendo al centro la dignità delle persone e il valore della comunità.

Una scelta di civiltà

La salute mentale è un pilastro della democrazia: garantire cura, inclusione e diritti significa rendere più forte l’intera società.
Investire nei servizi territoriali non è solo un atto di giustizia, ma anche la migliore politica di sicurezza possibile: perché una comunità che si prende cura di tutti è una comunità più sicura per ciascuno.